Non
conoscevamo il posto.
Dista tre vallate verso sud.
Poi abbiamo riconosciuto
la brezza fresca e calda che fa bene.
Le case sono
al centro del podere,
circondate da prati che verso monte
diventano bosco
e verso valle confinano con il fiume.
Lo sguardo focalizza lontano, sicché l’anima gioisce.
Sono passati cinque anni.
La schiena duole e le mani si sono rotte più volte.
Abbiamo lavorato tantissimo,
anche nei momenti più difficili
dove tutto sembrava complicato.
La parte
antica della casa
è davvero antica
e non abbiamo ancora
scoperto chi vi abitasse due o più secoli fa.
Rimane una soglia scolpita a mano
degna di una ricerca coatta
tra la polvere degli archivi catastali.
Poi rimane la
casa con il suo corpo centrale composto da più adattamenti e
parti che nel corso della sua storia sono state addossate
all’antica “Cà Vecchia”, termine usato nelle carte
dell’ufficio tecnico comunale.
È una casa
povera, che è stata sempre abitata da contadini massari; non
ha sassi di pregio, come cantonate o stipiti lavorati.
Il volto dei
vecchi riflesso
nel piccolo specchio nell’aia segnava la fine della giornata
nei campi; prima di entrare in casa era abitudine sistemarsi i
capelli e gli abiti.
Siamo
riusciti a ricostruire la storia di questo podere a partire
dal 1902; gli ampliamenti storici che si scorgono tra i sassi
sono però precedenti.
In paese vive
ancora un figlio di quel massaro che prese il podere in
quell’anno. È del 1920 e ci ha raccontato la storia fino al
1955 circa, anno in cui un’altra numerosa famiglia subentrò
alla gestione del podere.
Erano tempi
difficili.
Nel 1945 il quotidiano lavoro dei campi e del bosco
fu soverchiato dalla barbarie nazista che requisì il podere
per posizionarci le mitragliatrici della contraerea sulla
triste linea gotica ovest.
Sul prato
dietro la casa istallarono le tende militari e la mensa.
Misero al brado le vacche e le pecore e usarono la stalla per
i cavalli dei colonnelli. I contadini cercarono di nascondere
vino, olio e farina in buche circostanti e all’interno della
casa. Ma la furia dell’ingiustizia diede gli ultimi picchi
di crudeltà prima della sconfitta anche in quella occasione.
Per fortuna
del mondo anche l’occupazione del podere fu breve.
Ma la
rinascita e il fermento post-guerra non toccò la Lunigiana, o
almeno questa parte di Lunigiana che continuò a lavorare la
terra come facevano i padri dei padri.
Ci sono
ancora diversi aneddoti sul posto, racconti che rivelano
l’anima della gente semplice che seguiva i cicli lunari e
che aveva grandi mani ruvide ma anche calde, la cui carezza
arrivava fino al cuore.
Ma la storia
più bella e poetica è quella di quell’uomo, o di quella
famiglia vissuta lì precedentemente al 1900, che pur in
povertà volle costruirsi un soffitto degno di un re rinvenuto
durante la ristrutturazione e mai visto dalle persone che
abitarono la casa con le quali abbiamo parlato.
Sempre
durante la ristrutturazione in una nicchia murata trovammo una
mappa di un tesoro storico: centomila lire degli anni ’50 o
’60, come si deduce dal cognome dei firmatari, erano
nascoste in un certo punto che non abbiamo mai trovato. Quel
povero foglietto è appeso nella locanda come ricordo umano.
Nel 1974 la
casa del podere fu una delle case prese in esame in una tesi
di laurea inerente agli antichi edifici rurali della zona.
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